28 Marzo 2008
Relazione del Presidente Avv. Achille Colombo Clerici al dibattito PD sul problema casa
Per indirizzare a soluzione l’annoso problema casa nella nostra città, come anche nell’intero Paese, non c’è bisogno di andare tanto lontano e di inventarsi nuove formule e nuovi strumenti: basta dare attuazione a quelli già esistenti.
Quando i costituenti del nostro Paese (con questo termine non intendo i padri fondatori della nostra Costituzione, ma coloro che posero le fondamenta del nostro ordinamento, nel secondo dopoguerra) disegnarono le istituzioni giuridiche sulle cui basi poggia il sistema di interventi nel campo della casa, diedero vita ad un complesso di strumenti che è pienamente aderente alla nostra cultura: un misto di welfare, di solidarietà, di dirigismo da un lato; e di liberismo, di iniziativa privata, di leggi di mercato, dall’altro. Un sistema di interventi in equilibrio.
Con il passare del tempo questo equilibrio si è rotto. Da vent’anni non si costruiscono alloggi popolari. I governi e le istituzioni finanziarie hanno preferito agevolare la vendita creando un rapporto abnorme tra case in proprietà e case in locazione che ci pone fuori dagli standard europei.
Case sociali in alcuni Paesi europei: Italia ca. 800.000 alloggi (81.000 a riscatto) oltre a 102.000 immobili commerciali, rispetto ai 3,5 milioni di alloggi della Francia, ai 4 milioni della Germania e della Gran Bretagna, mentre la Spagna sta completando la costruzione di 1.100.000 alloggi sociali.
Famiglie che abitano in case di proprietà in alcuni Paesi europei e del mondo: Svizzera 35% - Germania 42,6 - Danimarca 51 - Olanda 53 - Austria 56 - Francia 56,2 - Giappone 62 - Canada 63,2 - Usa 68,3 - Inghilterra 69 - Australia 70 - Irlanda 77 - Italia 73,6 (in affitto il 18,7% pari a 4.180.000 famiglie) - Spagna 87 - Ungheria 90.
La questione casa - probabilmente perché le conseguenze del disequilibrio colpivano soltanto un numero ridotto di cittadini-elettori - è stata ignorata dalle forze politiche, da tutte le forze politiche, fino alla situazione attuale.
Quali i mezzi a disposizione per risolverla?
L’edilizia sovvenzionata. Le cosiddette case popolari ad affitti assolutamente al di sotto dei canoni di mercato, costruite a totale carico del pubblico (un tempo era lo Stato), destinate ai meno abbienti e a coloro che la casa non se la possono pagare in tutto o in parte.
All’opposto l’edilizia libera destinata a soddisfare quella fascia medio alta che ha disponibilità economica per rientrare nel mercato.
In mezzo l’edilizia agevolata (con finanziamenti in conto capitale o in conto interessi, e con aree a prezzi contenuti e misure fiscali agevolative) riservata alle cooperative edilizie. E l’edilizia convenzionata (con aree a prezzi calmierati; e agevolazioni fiscali; oneri di offerta a canoni convenzionati a fronte di concessioni edificatorie) riservata ad operatori e ad imprese edilizie.
Infine, nel 1998, intervenendo nel disciplinare il contratto di locazione del settore privato, la legge ha introdotto l’istituto del canone agevolato - concordato.
Il sistema normativo - ordinamentale c’è, dunque. Ma, come possiamo constatare, nessuno di questi strumenti ha funzionato pienamente.
Non l’edilizia popolare, la cui competenza è stata trasferita dallo Stato alle Regioni, senza un adeguato supporto finanziario.
Non l’edilizia privata che, onerata di un ingente carico fiscale, si è progressivamente ritirata dal mercato della locazione. Quale rappresentante dei proprietari privati, mi soffermo un istante su questo settore. Oggi l’investimento in edilizia residenziale da locare rende al massimo il 2%.
Controprova, il fatto che molti grandi investitori privati e pubblici quali banche, assicurazioni, enti di previdenza, amministrazioni locali, istituti autonomi hanno dismesso i loro patrimoni edilizi.
Neppure i contratti di locazione agevolati hanno prodotto gli effetti sperati. Si dice, da parte dei sindacati inquilini, che i canoni di locazione di mercato, sia pure ridotti per effetto della agevolazione fiscale, non sono idonei a sovvenire al bisogno abitativo dei meno abbienti.
Ma per questa occorrenza c’è - o dovrebbe esserci - l’edilizia residenziale pubblica. Credo comunque che i contratti agevolati, a canoni di mercato ridotti, intervenendo a favore di una fascia di utenza intermedia, possano dispiegare un benefico effetto di calmieramento generale sui canoni liberi.
Quanto alla idea di housing sociale, della quale si sente parlare con frequenza, mi permetto di dire che la formula può stare in piedi solo a condizione che intervenga un qualche soggetto (pubblico o privato) che, in virtù o di un compito istituzionale o di un forte impulso di solidarietà, sia disposto a sostenere, con un finanziamento a fondo perduto, l’iniziativa.
Non vi è infatti altra via, fino a quando non mi si dimostrerà che c’è qualche promotore o costruttore disposto ad operare in perdita, per realizzare abitazioni da destinare a chi la casa non se la può pagare in tutto o in parte.
Da quanto esposto, discendono le proposte di Assoedilizia:
- a breve termine, rivitalizzare il comparto della locazione privata attraverso un regime fiscale che renda competitivo questo settore rispetto ad altre forme di investimento (cedolare secca del 20%). Inoltre, rendere operativo il sistema dei contratti concordati;
- a medio- lungo termine, promuovere una politica pubblica di investimento nell’edilizia sociale e popolare per la produzione di nuove abitazioni e per la riqualificazione del patrimonio esistente.
E' auspicabile che tutte le parti sociali, le categorie economiche interessate ed i loro rappresentanti sindacali cooperino al raggiungimento di questi obiettivi.
Achille Lineo Colombo Clerici
Presidente Assoedilizia