_comunicato #645
19 Dicembre 2016
QN Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione del 17 dicembre 2016 “L’Italia su salva senza standard” Achille Colombo Clerici
Ricordo che ai tempi della costituzione dell’ Europa, girava tra i fautori del progetto la battuta: “ha da’ veni’ l’ Europa” che evocava l’invocazione al “Baffone”, alias Stalin, ripetuta in Italia nel Dopoguerra.

Insomma il nostro Paese, riluttante alle istanze di cambiamento, tutto innervato di ideologie e di localismi, e per ciò stesso paralizzato dagli individualismi, con l’avvento dell’Unione, sarebbe stato costretto a compiere quelle trasformazioni che da solo era incapace di affrontare.

Ci si immaginava l’Europa come un disinteressato Pigmalione che ci avrebbe aiutato a superare gli ostacoli enormi prodotti dalla nostra allegra politica, Ricordiamo, per citare, l’inflazione a due cifre che divorava i redditi dei meno abbienti e il raddoppio in 10 anni – 1982-1992 – del debito pubblico che ancora oggi pesa come un macigno sulla nostra stentata ripresa ?

Nessuno dei sostenitori si poneva la domanda: “sì, ma a che prezzo?”

Qualche giorno addietro, discutendone con un diplomatico tedesco, mi sentivo prontamente rispondere: “poco male… c’è un’idea di restituzione alla base e poi l’Italia non è che il terzo contribuente netto dell’Europa, dopo la Germania e la Francia.”

Ebbene, non è questo il costo cui alludo. Voglio dire: considerato che l’Italia resta ancora una delle civiltà e delle economie fondamentali del Continente, quando il prezzo della competitività europea è rappresentato dalla omologazione, non solo dei prodotti, ma in fin dei conti delle culture, dei valori, delle tradizioni, chi ha da perdere dal livellamento è chi sta in alto, non chi sta in basso.

Insomma, la portata di una via è data dal punto nel quale essa è più stretta, la velocità di un team atletico di inseguimento è condizionata dal più lento, non dal più veloce. Se è giusto aiutare i Paesi meno avanzati, non è altrettanto giusto essere costretti a rinunciare alle nostre potenzialità per omologarci ad essi. La civiltà della nostra Nazione si è sempre basata sulla diversità che ha creato le eccellenze, tanto nelle arti, quanto nelle intraprese imprenditoriali e nelle tradizionali attività artigianali. Diversità sirena del mondo –diceva il Vate.

Livellare al basso, standardizzando prodotti e culture, per noi significa buttare alle ortiche un patrimonio – del quale le eccellenze artigianali rappresentano l’emblema – costituito nel corso dei secoli.
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