_comunicato #505
29 Gennaio 2010
Sentenza Commissione Tributaria Provinciale di Milano 2 novembre 2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

…………… ha impugnato l’accertamento notificato dall’Agenzia del territorio di Milano e portante rettifica del classa mento dell’unità immobiliare sita in Milano, ……………………….
In data 8 ottobre 2009, l’Agenzia del territorio si è costituita in giudizio presentando le proprie controdeduzioni;
Le parti hanno ribadito all’udienza odierna le loro posizioni e le loro rispettive conclusioni.
All’esito del dibattimento il Collegio ha esaminato il ricorso e ha deciso in camera di consiglio come in appresso

Motivi della decisione in fatto e diritto

Questo Collegio in merito all’odierna controversia di cui all’oggetto, relativa alla revisione del classamento dell’immobile sito in Milano, …………………. Piano ……………….. distinto al Fg………….., particella…, sub……, zona cens.1, categoria A10, classe 8, consistenza 8,S vani Rend. Cat. euro ………., rileva quanto segue:
II ricorrente, nel ricorso e nelle memorie illustrative, ha sollevato più di una lamentela per contestare, sia in fatto che in diritto, l’accertamento della nuova rendita catastale dell’immobile di sua proprietà, che è stato trasferito dalla classe 3^ alla classe 8^, ferma la categoria A10. Per l’effetto la rendita catastale ha subito un incremento di oltre il 100%, passando da euro …… a euro ….., chiedendo conseguente mente l'accoglimento del ricorso.
L'Ufficio, dal canto suo, nell’atto di costituzione e controdeduzioni ha ribadito il proprio operato contestando le lagnanze del contribuente e chiedendo il rigetto del ricorso con conseguente conferma dell’accertamento de quo.
Il Collegio ritiene che alcune delle lamentele sono del tutto ingiustificate e fanno capo a tutta una serie di comportamenti che, secondo il ricorrente, l’ufficio non avrebbe tenuto a non avrebbe potuto tenere, ma che, a ben guardare, non era tenuto ad osservare dal momento che si tratta di un accertamento che viene operato rebus sic stantibus e non per effetto di momenti ristrutturativi o di urbanizzazione in generale che non afferiscono la fattispecie in discorso.
La lagnanza che il Collegio si propone di affrontare con maggiore attenzione è, però, quella che fa capo al procedimento giuridico-amministrativo posto in essere dalle autorità designate dalla legge alla revisione del classamento.
Come è noto la revisione del classa mento è stata prevista dalla Finanziaria per il 2005 emanata con legge n. 311 del 30 dicembre 2004.
Ai commi 335 e 336 dell’art.1, essa differenzia due situazioni diverse ma entrambe rilevanti ai fini della revisione catastale.
La prima afferisce ad una posizione per così dire “statica” sotto l'aspetto immobiliare, nel senso che non ha come presupposto una modifica qualsivoglia dal punto di vista abitativo o ristrutturativo o, comunque, edilizio; in definitiva non si preoccupa di evidenziare e colpire un miglioramento dell’immobile sia pure sotto il solo profilo di una maggiore urbanizzazione della zona, mentre prende in considerazione la fattispecie sotto il profilo del mercato immobiliare che attribuisca un maggior pregio economico all’immobile considerato.
La seconda riguarda “… immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto”… o quelli… “non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie…”, ed afferisce ad una situazione per così dire “dinamica” sotto il profilo
squisitamente edilizio, si preoccupa di riclassare quegli immobili che, per interventi privati o pubblici, si siano venuti a trovare in una situazione di mercato consequenzialmente migliorata proprio per effetto degli incrementi apportati con l’intervento edilizio, anche se riferiti, in ipotesi, solo a1 rinnovamento degli impianti o al loro adeguamento tecnologico o, infine, solo alla loro messa in regola con la normativa di sicurezza.
Anche se non siamo del tutto convinti della piena correttezza di un tale modo di procedere che non rispetta i canoni di un intervento veramente perequativo in grado di eliminare le disomogeneità stratificatesi negli anni con riferimento al tessuto immobiliare cittadino, dobbiamo pur tuttavia, fare i conti con la novella del 2004.
E, venendo, quindi, a guardare più da vicino il dato normativo, richiamiamo testualmente il disposto dei commi considerati:
Il comma 335 dell’art.1 della richiamata legge n.311/2004, così si esprime:
“La revisione parziale del c1assamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio. Per il calcolo di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339. L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”;
Il comma 336 del medesimo art.1, della medesima legge n.311/2004, a sua volta, recita anch’esso testualmente: “I comuni, constatata la presenza di immobili di
proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari dei diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n.701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi della notificazione, agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell’interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicheranno le sanzioni previste per le violazioni dell’art.28 del regio decreto-legge 13 , aprile 1939, n.652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n.1249 e successive modificazioni”.
Per completezza di indagine si riporta anche il contenuto del comma 337 del medesimo art. 1, della medesima legge n. 311/2004 che così si esprime:
“Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1° gennaio dell’anno di notifica della richiesta del comune.
Come potrà notarsi i1 riferimento soggettivo, vale a dire l’individuazione delle persone che devono presiedere alla revisione del c1assamento non lascia ombra di dubbio né sotto il profilo lessicale e nemmeno sotto i1 profilo concettuale. L’espressione appare incontestabile in entrambi i commi 335 e 336 considerati; ed infatti si parla da un lato del “Comune” e dall’altro del “Direttore del Territorio”. L’espressione, dunque, non appare suscettibile di prodigi dialettici che possano collocare il potere della richiesta in un soggetto diverso dal “Comune” diciamo cosi dal lato attivo, né il potere del soddisfacimento della richiesta in un soggetto diverso dal “Direttore del Territorio” dal lato passivo.
Il riscontro di fatto rivela tuttavia una situazione del tutto diversa da quella di cui al paradigma divisato e posto in essere dal legislatore che si è preoccupato di non alterare le competenze ordinarie degli organi legittimamente preposti alla tipologia degli atti da porre in essere nel campo che ne occupa.
La fattispecie concreta rivela dunque che la richiesta al “Direttore del Territorio” di acquisizione dei dati concreti che comportino la pedissequa rettifica della rendita .catastale non è avvenuta ad opera del “Comune” bensì da parte di un soggetto diverso; il documento versato in atti e datato 14 ottobre 2005,- peraltro preceduto da una sollecitazione dell’Agenzia del Territorio,- proviene dal responsabile del servizio dei “Servizi catastali”, controfirmato dal Direttore Centrale della “Pianificazione urbana ed Attuazione P. R” del Comune di Milano.
II Collegio ritiene che il disposto di legge e, quindi il dato normativo dal quale non è lecito discostarsi. anche per i motivi che verranno in seguito esaminati, non consente
una qualsivoglia fungibilità dei soggetti deputati e che, quindi, la procedura adottata
nella specie non è quella legittimamente predisposta, la qual cosa comporta la illegittimità del risultato conseguente.
Né sarebbe possibile, in ossequio ad una considerazione che possa derivare dalla interpretazione della legge sulle autonomie locali, e, segnatamente, dal T.U.E.L. (dlgs. N.267 del 18/8/2000, art.l07) che assegna ai dirigenti solo la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, individuare in capo ad uno dei responsabili amministrativi una competenza, esc1usa anche dallo Statuto del Comune di Milano adottato con delibera 3 ottobre 1991 n.663, che includa anche quella in discorso.
Ciò non tanto e non solo per quanto già detto sulla inequivocabile espressione terminologica del legislatore in proposito, ma anche e sopratutto perché, nella specie, si verte in tema di competenza squisitamente politica che non può che riguardare l’organo politico dell’ ente autarchico territoriale di cui qui si discute e cioè il Comune in persona, secondo i1 Collegio, del suo organo rappresentativo per antonomasia: II Consiglio comunale. Per la verità non si esclude che tale potere possa essere conferito
alla Giunta o al Sindaco, anch’essi organi politici comunali.
L’affermazione poi che si verta in tema di competenza che comporta una responsabilità politica indiscutibile appare a sua volta altrettanto indiscutibile. E valga il vero: nessun dubbio che il mutamento della rendita catastale per revisione del classamento comporti automaticamente delle conseguenze notevoli sul piano dell’obbligazione tributaria del soggetto che ne risulta interessato. In fatto di tassazione immobiliare a tutti i livelli (ICI, IRPEF,IRES,REGISTRO etc.) il mutamento della rendita importa il mutamento del livello di tassazione; l’ICI rappresenta, per esempio, la risultante del rapporto tra la base imponibile (la rendita catastale appunto) e le aliquote comunali, per cui se muta in alto la rendita, anche ad invarianza di aliquote, aumenta la imposizione. Perché se è vero che, in ipotesi, la revisione del classamento potrebbe essere anche in basso, nella realtà si tratta solo di incrementi delle rendite catastali e mai di decrementi di esse e, comunque, anche se ve ne fossero, l’analisi del caso in esame afferisce ad incrementi di rendite. Pertanto, come non è discutibile che la quantificazione percentuale delle aliquote ICI spetta all’organo rappresentativo del Comune, altrettanto è a dirsi su una qualsivoglia variazione della base imponibile rappresentata dalla rendita catastale.
Se già ci fermassimo a queste considerazioni ci sarebbe una notevole perplessità ad ammettere che, attraverso un mero atto amministrativo (la individuazione da parte del Direttore del Territorio delle cosiddette microzone sensibili cioè quelle il cui rapporto tra i valori medi di mercato ed i valori medi catastali raffrontati ai valori medi dell’insieme delle microzone comunali risulti al di sopra del cosiddetto rapporto di soglia), per giunta adottato su una mera richiesta amministrativa (quella del Direttore del servizio comunale dei Servizi catastali) ed inaudita altera parte (il contribuente), possa essere aumentato il livello di tassazione del contribuente medesimo; sarebbe come istituire una nuova imposta con modalità e procedure del tutto atipiche in un regime costituzionale che ne subordina la introduzione alla legge (cosidddetta riserva di legge ex art.23 cost.). Ciò e ancora più vero se si prospetta la ipotesi che segue che, peraltro, lungi dall’essere una pura ipotesi di scuola; si rivela del tutto reale alla luce di altre vertenze sottoposte a questo Collegio giudicante.
E’ indubbio che, se correttamente intesa, l’espressione “Revisione del classamento degli immobili” non si riferisce alle sole classi ma anche alle categorie degli immobili ed agli altri elementi del censimento e degli estimi.
Come è noto gli immobili, sotto il profilo strettamente catastale, - e senza la pretesa o
la presunzione di avervi qui riguardo in maniera speculativa ed esaustiva, ma solo semplificativa e limitatamente ai fini che ne occupano, - si distinguono per categorie
(A-B-C-D etc .. che riguardano più propriamente la loro destinazione d’uso: abitazioni, depositi, magazzini, laboratori, autorimesse etc ... ), e, all’interno delle categorie, in classi che ne individuano le tipologie e cioè le caratteristiche (es: Al di pregio, A2 e A3 civile, A4 popolare, A5 ultrapopolare etc .. ); tutto questa va detto per convenire che nell’ambito di una revisione del classamento non rientra solamente il passaggio di classe all’interno della medesima categoria ma anche l’operazione che stabilisce il passaggio da una categoria ad un’altra ed in ciò, sempre che ne ricorrano le condizioni, non vi è nessuno scandalo se l’ufficio apporta, motivatamente, dei mutamenti "intercategoriali, perché ritiene il Collegio, come si diceva poc’anzi, che per “revisione del classamento” debba intendersi la collocazione catastale tout court che porta alla individuazione di rendite catastali più alte. Ma se ciò è vero, è altrettanto vero che l’operazione deve svolgersi secondo i canoni che la legge detta, sia soggettivi che oggettivi, sia in fatto di sostanza e di causa che in tema di procedimento, altrimenti i guasti che ne potrebbero derivare sarebbero incalcolabili sotto il profilo della tenuta e dell’affidabilità dell'ordinamento tributario.
Ma ciò in disparte, pur rimanendo nella revisione della sola classe, gravi conseguenze potrebbero egualmente verificarsi; si pensi infatti all’ipotesi, non nuova, della revisione catastale di una abitazione categoria A2 che venga mutata in categoria A1.
Non v’ha alcun dubbio che in una tale fattispecie vi è, almeno sotto il profilo soggettivo, una vera e propria introduzione di una nuova imposta; ed infatti si pone a carico di un soggetto, che ne è esente per legge, una imposta che per lui è nuova; ove trattasi di propria prima abitazione (la prima casa di residenza tanto per intenderci) i1 soggetto che si vede 1a propria residenza ricondotta nella classe, - ma nei casi di A1, A7, A10, si potrebbe parlare addirittura di vera e propria categoria - degli immobili di pregio (A1) non è più esente dal pagamento dell’ICI ma ve ne è sottoposto proprio perche la 1^ classe di quella categoria non è esente dalla imposta considerata!
Va anche detto che il sistema empirico, sul quale l’amministrazione poggia le revisioni in atto, desta non poche perplessità anche dal punto di vista della parità o, meglio, della disparità di trattamento di costituzionale rilevanza (art.3 cost.). Ed infatti se qualcosa non sfugge al Collegio giudicante, tutta questa procedura nasce dalla individuazione (compito demandato al Direttore del Territorio) delle cosiddette microzone sensibili che sono quelle zone della città di Milano (oggi la 1, la 2, la 8 e la 14) per le quali si è appurato che il valore medio di mercato è più alto del 35% del valore medio catastale con riferimento al valore medio dell’insieme delle 55 microzone comunali create con delibera comunale nel giugno 1999. Se ciò è vero, e senza voler entrare nel meccanismo dei moltiplicatori e del valore da attribuire al numero dei vani al numero dei bagni e così via, un tale metodo potrebbe lasciare legittimamente in A2un appartamento allocato in una zona limitrofa a una microzona sensibile ai nostri fini, dalle caratteristiche di una vera e propria reggia, per giunta con una impiantistica avveniristica sia in punto di termica che di elettronica e contemporaneamente assumere sotto la classe A1 un immobile rappresentato da un appartamento, di buone caratteristiche tipologiche ed architettonicamente gradevole ma degli anni settanta ed anteriori, che si trovi proprio di fronte o accanto a quello dalle caratteristiche regali, ma allocato in una microzona individuata ai fini della revisione del classamento. Ci chiediamo cosa c’entri tutto questo con gli artt. 3 e 53 della Costituzione e se il contribuente abitante nella microzona accertata debba sentirsi o non, discriminato per effetto di un procedimento o di un atto amministrativo che lo coinvolga così pesantemente e che sia stato posto in essere con modalità e procedure diverse da quelle stabilite dalla legge.
A tale riguardo si appalesano prive di pregio ermeneutico le deduzioni dell’ufficio in proposito.
L’ufficio del Territorio, infatti, replica al contribuente sostenendo che, in punto di competenza. “la tesi non può essere condivisa, in quanto la lettera della norma non lascia adito a interpretazioni differenti: il comma 335 dell’art.1 della l.311/2004 recita testualmente << la revisione parziale del classamento ... omissis ... è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio». Qualora avesse usato la dicitura <>, l’avvio della revisione avrebbe implicato una valutazione circa l'opportunità politica da demandare all’organo per l’appunto politico. Ma così non è: il legislatore ha configurato la revisione come atto dovuto, in presenza dei presupposti da lui stesso indicati. Si potrebbe addirittura sostenere che la mancata
richiesta possa integrare un’ipotesi di omissione dell’ente locale, con conseguente responsabilità amministrativa e contabile.” L'ufficio conclude: “L’'eccezione va quindi nettamente respinta.”
II Collegio ritiene di non commentare tali motivazioni che si evidenziano come alquanto singolari, specie laddove si spingono a congetturare una responsabilità amministrativa e contabile dei comuni, ma non può esimersi dal rilevare che il distinguo tra le espressioni “è richiesta dai comuni” e “può essere richiesta dai comuni” non implica nel modo più assoluto un atto dovuto, ma anche se così fosse, altra cosa è la imperatività del compimento di un atto, nella specie: una richiesta, altra cosa è il soggetto chiamato a porre in essere quell’atto, a fare cioè quella richiesta, obbligatoria o facoltativa o discrezionale che sia, che il legislatore individua nel Comune. Ma vi è di più, vi è cioè che anche la Determinazione 16 febbraio 2005 dell’Agenzia del Territorio pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.40 del 18 febbraio 2005, richiamata nell’atto di costituzione in giudizio e controdeduzioni, desta qualche dubbio sulla compatibilità di talune sue disposizioni con le previsioni di legge.
Innanzitutto come essa stessa si esprime nella intitolazione, la determinazione si configura come: “Provvedimento emanato ai sensi del comma 339 dell’art.1 della legge 30 dicembre 2004, n.311, in materia di classa menti catastali di unità immobiliari di proprietà privata. Linee guida.”
In secondo luogo, il comma 339, cui si riferisce, recita testualmente: “Con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale, sono stabilite, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337”.
Dalla lettura di quanto testè fedelmente riportato si evincono almeno due cose: la prima è che non si fa riferimento esplicito al comma 335 (quello del quale peraltro qui ci occupiamo); la seconda è che la “previa intesa”, diretta o indiretta con le autonomie locali, riguarda esclusivamente la individuazione delle “modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337” il quale ultimo, a sua volta , richiama esclusivamente il comma 336.
Si potrebbe obiettare, per quanto riguarda il mancato riferimento al comma 335 da parte del comma 339, che è proprio il comma 335 a richiamare il comma 339, il che porterebbe al collegamento tre le due disposizioni tale da giustificare tutto il contenuto della “determinazione de qua” con riferimento al comma 335. Ma si tratterebbe di un ragionamento semplicistico che proverebbe troppo rispetto al richiamo testuale e all’allocazione del richiamo nel corpo del comma stesso. Sopra ne abbiamo riportato l’integrale testo, qui ci limitiamo a rilevare che il riferimento è contenuto nel secondo periodo e recita testualmente: “Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore media di mercato e aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339.” Questo è l'unico punta di collegamento tra i commi 335 e 339 e quindi l'unico punto di contatto legittimo, perché normativamente consentito, tra il contenuto di quel comma ed il contenuto della Determinazione del 16 febbraio 2005. Tutto ciò in astratto, perché poi in concreto si rileverà che .quella determinazione si occuperà diffusamente di “microzone”, dell’avverbio “significativamente” e di “percentuali” che sono contenuto precipuo del comma 335, primo periodo, e non dei commi 336 o 337 che sono testualmente richiamati dal comma 339 e quindi suscettibili, loro due ultimi soltanto, di costituire contenuto di quel provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio concretatosi con la Determinazione del 16 febbraio 2005. Rimane dunque chiarito che quella determinazione, limitatamente al comma 335, e per il calcolo di cui al primo periodo di quel comma, era abilitata soltanto a stabilire le modalità di aggiornamento del valore medio di mercato delle unità immobiliari private site nelle microzone comunali al fine di accertare l’entità dello scostamento tra i valori presi in considerazione.
In buona sostanza a quella determinazione non era consentito, ad avviso del Collegio
giudicante, di stabilire a che livello lo scostamento avrebbe potuto rivelarsi “significativo”; si intende qui affermare che quei compiti e cioè quelli di stabilire l’entità della percentuale a partire dalla quale il parametro astratto e mobile, rappresentato dall'avverbio “significativamente”, sarebbe divenuto concreto e determinato attraverso la individuazione della percentuale congrua (cosiddetto rapporto di soglia) al fine di consentire la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari considerate, non erano stati affatto dalla legge demandati al direttore dell’Agenzia del territorio, né affidati al contenuto del provvedimento che questi aveva il potere/dovere di emanare ai sensi del comma 339.
L’unico soggetto titolare di quei compiti squisitamente politici, come si diceva, e di carattere valutavo, e di quei poteri specifici, è evidentemente il Comune in persona
del suo rappresentante per antonomasia e cioè del Consiglio comunale. A questo risultato porta certamente una non approssimativa esegesi delle fonti, ma anche la
considerazione del ruolo dell’ente Comune, specie in tema di imposizione tributaria in generale e in tema di I.C.I. in particolare. Ed allora varrà la pena richiamare il punto 3. (tre) dell’allegato alla Determinazione del 16 febbraio 2205 del direttore dell’Agenzia del Territorio di Milano che si intitola: “Linee Guida dell’Agenzia del Territorio e delle rappresentanze delle autonomie locali ai fini dell’applicazione di specifici contenuti del provvedimento ex art. 1, comma 339, della legge 30 dicembre 2204, n. 311”. Esso recita testualmente. “La revisione parziale del classamento può essere attivata per le microzone in cui il rapporto di cui alla lettera d) del criterio operativo 2, si discosta significativamente dal valore del rapporto medio, di cui alla lettera e) del medesimo criterio operativo. Il termine significativamente non può intendersi inferiore a uno scostamento di più del 35 per cento tra i due rapporti. Ciascun comune, può assumere un valore percentuale più elevato di quello testè indicato per selezionare le <>, ma non una percentuale inferiore.”
Senza indugiare sui calcoli dei rapporti e sui criteri operativi individuati nelle linee guida, sui quali non è d’uopo interloquire appartenendo essi alla competenza tecnica delle professionalità intervenute (direttore dell’Agenzia del territorio e le autonomie locali), sconcerta il disposto dianzi sottolineato da chi scrive.
Col predetto disposto in primo luogo si conferma la discrezionalità amministrativa e non tecnica della revisione parziale del classamento (la revisione… può essere attivata…) contraddicendo quanto asserito dall’ufficio in sede di costituzione e già dianzi confutato; di poi, al di là dei vantaggi e degli svantaggi per il contribuente derivanti da una percentuale più alta o più bassa, non solo si percentualizza nel 35 per cento il termine “significativamente” che il legislatore ha adottato nel comma 335, ma si dichiara addirittura immodificabile in basso e, quindi, insindacabile, quella percentuale, lasciando al Comune, verosimilmente all’ente Comune e non al direttore del servizio “servizi catastali” (altra contraddizione), la possibilità solo di aumentarla, con ciò intervenendo pesantemente su scelte autonome dell’Ente condizionandone le libere determinazioni. Ciò appare alquanto incomprensibile e, pertanto, inaccettabile, specie in un contesto storico/temporale di esaltazione dei poteri degli Enti locali per effetto del federalismo fiscale in itinere.
In conclusione il Collegio ritiene che l’intera vicenda sugli estimi catastali debba essere riveduta alla luce di tutta la copiosa e corposa normativa che li riguarda e che si contiene in numerosi provvedimenti legislativi e regolamentari che vanno rispettati.
Alla luce di quanto fin qui osservato, la ritenuta incompetenza, ad effettuare la richiesta della revisione del classamento, assorbe tutti gli altri motivi e lagnanze dedotti dal ricorrente, poiché vizia l’intera procedura che ha condotto al rilassamento dell’unità immobiliare di che trattasi, la qual cosa comporta che il ricorso deve essere accolto e l’accertamento annullato.
Lo stato della giurisprudenza di merito, e la complessità interpretativa della normativa implicata, giustificano la compensazione delle spese processuali

P.Q.M.

La Commissione
Accoglie il ricorso ed annulla l’accertamento compensando tra le Parti le spese processuali.
© 2007 Neuronica Creactive Machine - Neuronica S.r.l.