_news #95
23 Aprile 2008
Intervento del Presidente Achille Colombo Clerici alla FederLombarda
Vorrei dire della grande beffa attuata dallo Stato a danno dei comuni, ma, inevitabilmente, anche dei contribuenti.
Dapprima lo stato ha lusingati i primi, attribuendo loro una modesta (il 2,6% di tutto il prelievo fiscale), ma comunque effettiva, capacità impositiva autonoma, coll'istituzione dell'ICI, come imposta di loro competenza.
Poi li ha ingolositi facendo balenare la prospettiva di incrementare sensibilmente il gettito di questa imposta a seguito di una serie di riforme catastali che avrebbero portato, tra l’altro, ad una consistente rivalutazione dei valori immobiliari sui quali determinare tutte le imposte: ICI, Irpef, IRES, registro, successioni e donazioni, ipocatastali.
I comuni, soprattutto i più attivi, i più efficienti, i più solerti in tutto, anche nel far pagare le tasse ai contribuenti, si son lanciati a capofitto in questa ventura, rivendicando il potere di gestire il catasto (vorrebbero peraltro intervenire nella determinazione delle rendite), perché convinti di ottenere senz’altro migliori risultati (leggi: più ICI) rispetto ad una gestione statale.
Ma hanno fatto male i conti. In altre parole si sono illusi di poter trattenere per sé i maggiori introiti, dimenticando l’origine non proprio absburgica del fisco italiano, il cui metodo sembra essere quello della gherminella. Lo stato, infatti, fa una cosa semplice: storicizza il gettito ICI per ciascun comune; amplia la platea dei contribuenti e decide di ridurre i trasferimenti ai comuni proporzionalmente (si fa per dire: per ogni euro in più riduce di due ) ai maggiori incassi relativi a tale ampliamento.
Ma, non pago di tale manovra, prende sotto il proprio controllo l’intera partita ICI, anticipando dal 20 al 16 dicembre il saldo dell’imposta in modo da contabilizzarla nel proprio bilancio; dispone che il pagamento venga effettuato, non più direttamente ai comuni, ma all’Agenzia nazionale delle entrate (leggasi erario statale), tanto da gestirne il gettito. Contemporaneamente amplia le categorie degli immobili soggetti ad ICI (estendendo l’imponibilità alle case ex rurali ed agli immobili speciali), ma non lascia ai comuni il relativo gettito. Dispone infatti che, a fronte dello stesso, si provveda a ridurre i trasferimenti statali. E lo fa, come dicevo, nel modo iniquo e furbesco del gatto che gioca col topo. Non pago, vara un bello sgravio ICI generalizzato per la abitazione principale in proprietà, con ciò riducendo sensibilmente il gettito dell’imposta di spettanza dei comuni; e promette agli stessi, come contropartita, generici trasferimenti compensativi il cui esito è tutto da verificare.
I comuni insorgono, ricorrono al TAR, contro la finanziaria iniqua che li costringe in definitiva ad aumentare l’ICI ai malcapitati che rimangono a pagarla. Che li costringe, per giunta, ad imporre a tutti i cittadini addizionali, tasse di scopo, ticket, aumenti tarsu e via dicendo. Alla fine perdono anche la causa davanti al Tar.
Adesso forse cominciano a rendersi conto di essere stati turlupinati.
Ma questi amministratori comunali non si sono mai accorti che, schierandosi dalla parte dello stato ed ammantandosi del vello di tutori dei cittadini-contribuenti,invece di capirne le ragioni e le preoccupazioni per quanto si profilava all'orizzonte con la riforma catastale, finivano per neutralizzarli, assecondando il gioco di uno stato che si sarebbe fatto beffe anche di loro?


Achille Colombo Clerici
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