_news #42
14 Novembre 2007
Certificazione energetica – Nota illustrativa (a cura del Comitato Notarile Lombardo) delle Delibere della Giunta Regione Lombardia n. 8/5773 del 31 ottobre 2007 e 8/5018 del 26 giugno 2007
Come ben noto, in attuazione della direttiva comunitaria 2002/91, l'Italia ha emanato i decreti legislativi 192/2005 e 311/2006, che hanno introdotto l'obbligo di dotare gli edifici di nuova costruzione di un documento attestante - in sostanza - il rendimento energetico degli stessi (c.d. Attestato di Certificazione Energetica).
L'art. 17 del decreto legislativo 192/2005 attribuisce peraltro alle regioni, in materia, una competenza concorrente con quella statale. Ad oggi, peraltro, solo la Regione Piemonte e la Regione Lombardia hanno provveduto ad esercitare il potere normativo loro riconosciuto.
Gli interventi regionali non hanno però fugato dubbi ed incertezze interpretative già emersi in sede di primo commento della disciplina dettata dal legislatore nazionale.
Anche a seguito di incontri tra rappresentanti della Regione e componenti del Comitato Regionale Notarile Lombardo, la Regione Lombardia è tempestivamente intervenuta con una nuova deliberazione della Giunta Regionale (la n. 8/5773 del 31 ottobre 2007), recante "modifiche ed integrazioni" alla precedente delibera n. 8/5018 del 26 giugno 2007.
Lo studio che segue, a cura del Comitato Regionale Notarile Lombardo, costituisce una prima lettura ricostruttiva della disciplina vigente in Lombardia.

Notaio Giovanni Battista Donati


La stipulazione del Protocollo di Kyoto, avvenuta tra i Paesi più industrializzati l'11 dicembre 1997, ha previsto in capo ai Paesi aderenti, l'obbligo di operare sul territorio con una normativa capace di disporre un controllo delle emissioni nocive per l'ambiente nonché la promozione di meccanismi di mercato (il principale dei quali è il Meccanismo di Sviluppo
Pulito) tesi a massimizzare le riduzioni inquinanti a parità di investimento economico.
La consapevolezza che, in questo ambito, una discreta parte di elementi inquinanti per l'atmosfera deriva, non solo dall'utilizzo degli impianti di produzione industriale, ma altresì dal normale e più banale utilizzo degli impianti, per così dire, domestici, immanenti all'uso standard degli edifici
civili e commerciali, ha condotto alla emanazione della Direttiva Comunitaria 2002/91/CE che ha imposto, ai Paesi dell'Unione, l'adozione di specifiche normative sul rendimento energetico nell'edilizia.
L'Italia è specificamente intervenuta in materia, in attuazione della citata Direttiva Comunitaria con due decreti legislativi: il D.Lgs. 192/2005 ed il D.Lgs. 311/2006 che, come sappiamo, hanno introdotto, nell'ambito dei procedimenti edilizi, un documento del tutto nuovo rispetto al panorama
documentale prima conosciuto, che va sotto il nome di Attestato di certificazione energetica. Esso costituisce il documento attraverso il quale l'utente potrà avere la rappresentazione ufficiale delle caratteristiche energetiche dell'unità immobiliare in suo possesso in relazione all'uso
standard della stessa dipendente dalla sua naturale destinazione urbanistica, con attribuzione di un suo preciso classamento energetico, unitamente ad indicazioni circa eventuali interventi migliorativi degli impianti, tali da consentire risparmi di energia o il potenziamento delle
capacità prestazionali, a parità di costi.
Attraverso tale nuova documentazione, in sostanza, il legislatore intende, tra l'altro, raggiungere lo scopo di ridurre, indirettamente, il valore commerciale delle unità immobiliari che risultino, per così dire, "sparametrate" rispetto ai normali canoni energetici nazionali e che, per ciò stesso, sono destinate a collocarsi fuori mercato.
E' ovvio che la primitiva limitata sensibilità del settore edile agli aspetti relativi all'inquinamento dell'ambiente e la presenza di un mercato quasi del tutto impreparato, anche tecnicamente, a tali novità normative, ha indotto il
legislatore a muoversi attraverso una introduzione progressiva degli obblighi previsti dalla norma con una attenta graduazione, sia temporale, che sostanziale, nell'applicazione della stessa, prevista in seno ai suddetti decreti legislativi.
La competenza normativa statale in materia non è peraltro esclusiva. Lo stesso articolo 17 del D.Lgs. 192/2005, non a caso rubricato "Clausola di cedevolezza", riconosce, di fatto, in materia energetica una competenza regionale concorrente con quella statale.
Ciò ha indotto le Regioni, con in testa la Regione Lombardia e la Regione Piemonte, a varare provvedimenti specifici in materia di certificazione energetica degli edifici.
Tra le disposizioni regionali di ultima emanazione quella della Regione Lombardia, contenuta nella D.G.R. 8/5018 del 26 giugno 2007, è l'unica attualmente già a regime. La sua essenziale novità, rispetto alla normativa nazionale, consiste nell'aver approntato tutte le disposizioni necessarie per la predisposizione dell'Attestato di Certificazione Energetica che, a livello nazionale, sono ancora latitanti (il che obbliga, a livello nazionale, all'utilizzo di una certificazione sostitutiva all'Attestato di certificazione Energetica, che va sotto il nome di Attestato di Qualificazione Energetica).
Tuttavia tutti gli interventi normativi cui fin qui si è accennato, compreso, in particolare, quello lombardo, vuoi a causa delle novità concettuali recate seco dalla materia, vuoi a causa della difficoltà di amalgamare problematiche prettamente tecniche, con altre, di natura più squisitamente
giuridica, hanno posto all'operatore più di un problema, soprattutto in relazione alla esatta interpretazione di talune terminologie adoperate e alla esatta individuazione di taluni meccanismi che sono risultati, prima facie, di incerta applicabilità pratica.
Per fortuna l'opera di mediazione che il Comitato Regionale Notarile Lombardo, unitamente a rappresentanze di altre categorie professionali coinvolte, e alla costante attenzione al fenomeno da parte di ASSOEDILIZIA, ha potuto svolgere, ha trovato massima disponibilità di collaborazione da parte della Regione stessa. Ciò ha determinato la consapevolezza della necessità di pervenire ad una parziale riformulazione di alcuni passaggi del provvedimento e all'integrazione di talune fattispecie che certamente consentono oggi una maggiore serenità operativa.
La prima caratteristica che si coglie nell'intervento regionale è una maggiore chiarezza in ordine all'ambito applicativo delle norme posto che lo stesso provvedimento (articolo 3.1, lettera "c") infatti, stabilisce espressamente che gli obblighi di certificazione energetica trovano
applicazione esclusivamente nelle ipotesi espressamente contemplate evitando, così, di occupare (e preoccupare) ulteriormente l'operatore circa l'eventualità di applicazione della normativa anche a casi non esplicitamente considerati.
Il meccanismo del provvedimento pone poi una immediata distinzione di fondo tra "edifici nuovi" o che siano stati oggetto di opere di ristrutturazione (art. 6.1) ed "edifici esistenti" (art. 6.2). Entrambe le definizioni, invero, si
discostano dagli analoghi concetti presenti nel D.Lgs. 192/2005 sia per gli elementi temporali considerati (diventano rilevanti infatti gli interventi edilizi abilitati sulla base di un permesso di costruire o di una D.I.A. successivi al
giorno 1 settembre 2007, laddove per il D.Lgs. 192/2005 la data di riferimento era quella del giorno 8 ottobre 2005), ma se ne discostano anche quanto all'aspetto concettuale dell'intervento di ristrutturazione. Infatti, laddove la normativa statale si riferisce a due ipotesi precise in cui
l'intervento successivo all'opera di costruzione originaria assume rilevanza ai fini della certificazione energetica ("ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l'involucro" e "demolizione e ricostruzione in
manutenzione straordinaria", in entrambi i casi solo in relazione ad edifici che superino la soglia dei mille metri quadrati di ampiezza), la disposizione regionale, si applica indipendentemente dalla metratura dell'edificio e prende in considerazione i seguenti casi:
a) la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria (in analogia alla fattispecie della normativa statale);
b) la ristrutturazione che sia conseguita ad una pregressa demolizione;
c) la ristrutturazione edilizia che coinvolga più del 25% della superficie disperdente dell'edificio (si noti, a tal proposito, che anche una semplice sostituzione degli infissi esterni costituisce ristrutturazione della superficie
disperdente);
d) l'ampliamento di volumetria che abbia a determinare la creazione di una nuova porzione determinante un aumento superiore al 20% dell'esistente.
La disposizione che prevede l'obbligo di allegazione dell'A.C.E. agli atti di trasferimento a titolo oneroso degli immobili, stante la sua assoluta originaria genericità, aveva generato, in prima battuta, l'aberrante equivoco per cui, a partire dal 1 settembre 2007, tutti gli atti di trasferimento
a titolo oneroso di interi immobili o di singole unità immobiliari richiedessero l'allegazione del'A.C.E. Oggi, invece, il maggior rigore espositivo espresso sul punto dall'art. 6.3 ha definitivamente chiarito che l'obbligo di allegazione scatta in applicazione della medesima casistica e secondo le medesime date temporali per le quali scatta l'obbligo di dotazione.
Quanto agli edifici esistenti, ferma la gradualità temporale dell'introduzione degli obblighi della certificazione energetica pressoché immutata rispetto alla prima edizione del provvedimento, sono diverse le novità recate dalla
riformulazione integrativa della norma.
Anzitutto vi è il tentativo di meglio definire il concetto di "intero edificio" e di sua vendita integrale in presenza del quale, indipendentemente dalla considerazione che l'edificio sia inferiore, pari, o superiore a mille metri quadrati, scatta l'obbligo di allegazione dell'A.C.E. all'atto di trasferimento a titolo oneroso. A tal fine, la norma del comma 5 dell'art. 6 pone in sostanza due riferimenti: la mancata condivisione, con altri organismi edilizi, di strutture "portanti" (intendendosi per tali le strutture verticali, cioè essenzialmente le pilastrature) e di strutture "portate" (intendendosi per tali le strutture orizzontali, cioè essenzialmente le travi e le solette); e l'autonomia storicocostruttiva dell'organismo edilizio considerato, eplicantesi essenzialmente nell'autonomia procedurale dei provvedimenti
abilitativi edilizi che lo riguardino. I due requisiti, nonostante il silenzio della disposizione (e non poteva essere diversamente, se non a patto di offrire una serie infinita di esemplificazioni che la norma, per ovvie ragioni, non può dare), non vanno letti necessariamente né in termini alternativi (o...o...), né in termini necessariamente cumulativi, lasciando all'esperienza e al buon senso dell'interprete, la individuazione di ciò che nello spirito della disposizione sia da considerare, nella sua unitarietà, ente edilizio autonomo rispetto ad altro, innegabilmente offrendo, tuttavia rispetto al passato, delle indicazioni più precise capaci di dare una sicura guida all'operatore.
La disposizione dell'art. 6.2 lettera c) prevede che, a partire dal giorno 1 settembre 2007, gli edifici o le singole unità immobiliari per le quali si sia acceduto ad incentivi o a sgravi fiscali per spese sostenute per il miiglioramento energetico, siano dotati, a tale scopo dell'A.C.E. (la norma
ricalca quasi pedissequamente l'art. 6, comma 1-ter del D.Lgs. 192/2005). Ovviamente, mettendo in correlazione tale disposizione con quella dell'art. 6.3, si evince che nel caso di trasferimento a titolo oneroso di edifici, o singole unità immobiliari, che siano stati oggetto di tali tipi di intervento, l'A.C.E. va allegato all'atto di trasferimento.
Per inciso occorre dire al riguardo che, non qualsiasi incentivazione fiscale in materia di ristrutturazione determina il sorgere di tali obblighi, ma solo quelle che, a mente delle disposizioni contenute nella nuova Finanziaria per
il 2007, è possibile richiedere per effettuazione di interventi in materia di risparmio o di razionalizzazione energetica (la cd. agevolazione del 55%).
La disposizione di cui all'art. 6.2 lettera d) è quella che potrà comportare realisticamente una notevole anticipazione, rispetto alla data ultima del 1° luglio 2009 (data a partire dalla quale le disposizioni in materia di A.C.E. andranno definitivamente a regime per tutte le unità immobiliari, iindipendentemente da qualsiasi considerazione delle stesse come esistenti e nuove, come vecchie o ristrutturate, come singole o costituenti "edificio intero"), degli obblighi di dotazione e di allegazione agli atti dell'A.C.E. Infatti, in tal caso, la norma ricollega il sorgere di tali obblighi
all'esistenza o al rinnovo di un contratto "servizio energia".
Tali sono i contratti stipulati tra la proprietà e l'ente erogatore dei servizi energetici con i quali l'ente si impegna, non soltanto alla fornitura dell'energia, ma altresì alla fornitura di tutti i servizi connessi all'utilizzo.
Tenuto conto che la maggior parte degli edifici (con l'eccezione delle piccole realtà ove non è l'ente erogatore a provvedere ai contratti di manutenzione e controllo) devono essere dotati di tali contratti, si comprende come gli obblighi della certificazione energetica diventino rilevanti, di fatto, quasi generalmente a partire dal giorno 1 gennaio 2008.
Proseguendo tra le novità introdotte dalla novella, la seconda parte del comma 3 dell'art. 6, introduce l'obbligo di allegazione anche nei casi di assegnazioni conseguenti a procedure giudiziali, singole o concorsuali, tenendo conto, per le procedure singole, dei pignoramenti trascritti a
partire dal 1° gennaio 2008, e, per le procedure concorsuali, delle sentenze emesse a partire dalla stessa data. Dal posizionamento della norma nell'ambito del comma 3 (che si occupa, nella sua prima parte, di sancire l'obbligo di allegazione solo per i casi e per le tipologie di fattispecie
considerate ai fini dell'obbligo di dotazione) è ragionevole supporre che l'obbligo di allegazione, in tali casi, non sia un obbligo generalizzato, ma un obbligo che scatta per quelle unità immobiliari (oggetto di espropriazione forzata a seguito di procedure giudiziali, singole o concorsuali) che rientrino
nelle fattispecie per le quali vi fosse la vigenza dell'obbligo di dotazione. Ciò implica un necessario interessamento alla normativa sulla certificazione energetica anche per magistrati, avvocati e curatori fallimentari.
Altra risolta "vexata quaestio" che aveva non poco preoccupato gli operatori all'indomani della introduzione del primo provvedimento, è quella relativa ai casi in cui l'edificio non fosse dotato di impianti termici energeticamente rilevanti o che fossero dotati di impianti non più in grado di poter funzionare. Oggi i dubbi in proposito sono definitivamente fugati da una precisa disposizione, il comma 6 dell'art. 6, che esclude ogni necessaria allegazione in presenza di edifici non forniti di impianti o in presenza di una impiantistica "priva di sottosistemi necessari alla climatizzazione degli
ambienti interni", in altre parole priva di uno di quegli elementi necessari al suo funzionamento.
Altra positiva novità è quella contenuta nel comma 8° dell'art. 6, nel quale si fa esplicito riferimento all'ipotesi di trasferimento a titolo oneroso di quote immobiliari indivise, fattispecie per la quale è oggi esplicitamente escluso l'obbligo di allegazione, analogamente ai casi di cessione, a titolo oneroso, con autonomo contratto, del diritto di nuda proprietà o di altri diritti reali diversi dalla piena proprietà. Tale disposizione, però, ad onta della sua chiarezza esplicativa, resta discutibile se correlata al silenzio del legislatore nazionale al riguardo. Resta quindi prudenzialmente consigliabile trattare tali fattispecie diversamente, allorché si abbia a che fare con tipologie negoziali che, tenuto conto dell'oggetto del diritto che le
riguardi, dell'ubicazione extraregionale del bene immobile considerato o della diversità dei presupposti applicativi, restino regolate esclusivamente dalla normativa nazionale.
Quanto alle problematiche redazionali il nuovo intervento ha ribadito, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, che l'Attestato di Certificazione Energetica dovrà essere redatto, sottoscritto ed asseverato da un soggetto certificatore all'uopo abilitato tra coloro che appartengano a determinate
categorie professionali stabilite dall'art. 13.2 ed iscritto negli appositi elenchi regionali. L' A.C.E. va poi depositato, da parte del proprietario, in Comune (per gli edifici nuovi o ristrutturati unitamente alla dichiarazione di fine-lavori).
Il Comune rilascerà al proprietario una copia (autentica) dell'A.C.E., munito di un timbro che ne attesti l'avvenuta accettazione (rectius l'avvenuto ricevimento) da parte del Comune.
Una particolarità che sembra alquanto importante sottolineare, non foss'altro per un tentativo di sedare la diatriba tra chi richiederebbe l'A.C.E. anche in presenza di soli impianti di illuminazione e chi, invece, afferma che in tal caso non vi sarebbe spazio per l'A.C.E., rilevando, a fini della
certificazione solo gli impianti termici e quelli per la produzione-distribuzione di acqua calda per esigenze igienicosanitarie, è che l'intervento regionale, quanto agli utilizzi di energia riportati sull'A.C.E., non fa alcun cenno espresso, ai fini della certificazione energetica, agli impianti di illuminazione, ma solo ad impianti termici e a quelli per l'utilizzo di acqua calda a scopi igienico-sanitari, appunto, come evidenziato al comma 2 dell'art. 7.
A CURA DEL COMITATO REGIONALE NOTARILE LOMBARDO
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