_news #335
01 Agosto 2014
Osservazioni al Regolamento Edilizio presentate da Assoedilizia
OSSERVAZIONI AL REGOLAMENTO EDILIZIO


Art. 11 commi 1-3-4-6

Si introduce un generalizzato controllo sulle costruzioni da parte della amministrazione.
Premessa l’enunciazione di un generico obbligo, in capo al proprietario, di mantenere le costruzioni in condizioni di agibilità, di decoro, di idoneità igienica e di sicurezza socio-ambientale, si prescrive l’attuazione dei “necessari interventi” sugli immobili che rilevino manchevolezze riferite all’ambito dell’obbligo nei termini sopra riportati.
Ma la constatazione della presenza di tali manchevolezze comporta un giudizio che viene lasciato alla discrezionalità della Amministrazione (comma 3) che può fare eseguire in ogni momento delle ispezioni, da personale tecnico del Comune o della A.S.L., o da altro personale qualificato, destinate ad accertare le condizioni delle costruzioni e determinare gli adeguamenti da prescrivere ai proprietari degli immobili.
E la individuazione discrezionale in capo alla Amministrazione suscita perplessità non tanto quando si tratti di valutare l’agibilità o la idoneità igienica di una costruzione ma quando si vada a interpretare i concetti di “decoro” e di “sicurezza socio-ambientale”
Va poi aggiunto che le valutazioni vengono affidate ai soggetti più vari, addirittura a soggetti esterni che vengono definiti solamente come “qualificati” e che avranno il potere di decidere sulle condizioni dei beni del privato e, conseguentemente sugli interventi che il privato sarà poi obbligato ad eseguire.
L’obbligo più gravoso per la proprietà edilizia viene introdotto dal comma 6 in materia di verifica della idoneità statica degli edifici costruiti da più di 50 anni, in particolare dell’obbligo della verifica e certificazione sugli immobili che non hanno certificato di collaudo dal momento che risulta che la maggior parte degli immobili così datati sono assolutamente privi di tale certificazione.
E ne sono privi in quanto la certificazione non é più rintracciabile; il che non significa che il collaudo non sia stato fatto. Anzi é pacifico
che, per tutti casi per i quali la legge lo preveda, si tratti di opera nuova o di ristrutturazione, il collaudo sia stato fatto in quanto obbligatorio e, a questo punto,nessuna legge prevede che il collaudo debba essere ripetuto periodicamente. Non lo può imporre ora una norma regolamentare.
E’ pacifico che un edificio costruito abusivamente possa non avere collaudato le strutture ma é impensabile che si debba andare a ricercare questa ipotetica fattispecie operando sulla totalità degli edifici.
La verifica delle strutture del costruito richiede, se attuata con un procedimento che possa essere considerato valido, opere non di certo semplici e, per di più, gravate da costi rilevanti in quanto, non potendo accedere alle strutture, l’operatore dovrà servirsi di tutti quei mezzi e apparecchiature tecnicamente attualmente disponibili che, in ogni caso, oltre a costi rilevanti, come detto sopra, comportano una valutazione personale di chi li usa.
Ci si deve chiedere anche, a questo punto, quale disponibilità possa avere un singolo professionista ad assumersi la responsabilità di un collaudo di un qualunque edificio datato di più di 50 anni di cui non conosce alcun elemento di progettazione.
E, in ogni caso, si dovrebbe riflettere, anche qui, sulla possibilità di interpretazioni diverse relative al medesimo caso e sul derivato diverso riconoscimento di un diritto di proprietà.
Ove non si riesca ad ottenere tale certificazione, infatti, per l’immobile in discussione viene revocata l’agibilità!
Qui si arriva addirittura a prevedere, in forza di una norma regolamentare, la revoca della agibilità di un edificio, attribuita con provvedimento dovuto in forza di una espressa norma di legge.
E con questa revoca si va a determinare l’incommerciabilità dell’immobile.
Si prescrive inoltre l’obbligo dei notai di allegare queste certificazioni di verifica statica agli atti di vendita. Un altro intervento sul diritto di proprietà, in particolare la creazione dell’obbligo di introduzione di un nuovo elemento in un atto pubblico che genera la titolarità di un diritto reale.





Art. 12

Anche qui un importante intervento della Amministrazione dispositivo della proprietà privata a titolo discrezionale senza un valido supporto legislativo di indirizzo.
Si impone ai proprietari e ai titolari di diritti sull’immobile, oltre l’ordinario obbligo, certamente previsto dalla legge, di provvedere alla custodia e alla manutenzione dei beni, anche quello di provvedere al loro decoro con la finalità di evitare fenomeni di degrado urbano e occupazioni abusive.
Anche qui si introduce il concetto generico di “decoro”che si presta
a interpretazioni di assoluta discrezionalità ed inoltre si va a gravare il proprietario di un compito che é proprio del potere pubblico, addirittura la prevenzione di un reato!.
Si dispone, inoltre, la sostituzione della Amministrazione nella gestione degli immobili del privato nel momento, addirittura presupposto in termini temporali, in cui si riscontri uno stato di abbandono e il proprietario diffidato non intervenga.
In questo caso l’Amministrazione si arroga il diritto di intervenire sulla proprietà privata decidendo autonomamente consistenza, tempi e modalità dell’intervento stesso e il diritto di recuperare coattivamente quanto speso dal proprietario del bene, proprietario che, forse, non é ancora intervenuto in quanto potrebbe non averne avuto la possibilità.
Si va a prescrivere che nel momento in cui, con ogni probabilità, il proprietario di un immobile non ha la disponibilità di un determinato capitale per eseguire degli interventi sul suo immobile interviene l’Amministrazione che esegue al suo posto quello che decide lei, salvo poi farglielo pagare coattivamente!
Va tenuto presente che l’Amministrazione qualora si tratti di obiettive situazioni di pericolo ha già, in ogni caso, i mezzi per intervenire.
Di grave portata poi la attribuzione alla Amministrazione del potere di imprimere una destinazione pubblica alle aree in cui non venissero eseguiti gli interventi intimati. Qui, nella sostanza si legittima, non con norma costituzionale ma con regolamento edilizio comunale un potere di esproprio di aree private.
Ed infine, (comma 7) si crea in capo alla Amministrazione il diritto di bloccare gli interventi nuovi presentati, per il normale iter di assentibilità, dai proprietari di altri beni (diversi da quelli in questione) relativamente ai quali l’Amministrazione ha accertato il disuso e ordinato gli interventi, condizionando i permessi di costruire alla presentazione di una proposta di intervento per gli stessi fabbricati in disuso.
Non solo ma la prescrizione é riferita al richiedente cui si aggiungono “altra società controllata, controllante, o collegata ex. art.2359 c.c.”
Si legittima così (con norma di regolamento comunale) una imposizione al privato di un obbligo non previsto dalla legge come condizione di un provvedimento vincolato. E, quel che é peggio, l’imposizione é rivolta anche a soggetti diversi dal richiedente.
E’ pacifico, a questo punto, lo sconfinamento nel campo dei contenuti del diritto di proprietà.


Articolo 47

Si introduce nella normativa regolamentare l’obbligo di tenuta del «fascicolo del fabbricato» dopo che la relativa disciplina è già ripetutamente passata al vaglio del Giudice amministrativo che l’ha ritenuta illegittima.
La sentenza del T.A.R. Lazio n. 1230/2006 ne ha ravvisato la irragionevolezza ritenendo illegittima la pretesa della Amministrazione che scarica sul privato gli oneri di acquisizione della conoscenza di infiniti elementi, alcuni importanti, altri meno, relativi all’immobile, conoscenza che, essendo per sua natura interdisciplinare comporta l’accesso a una mole di dati che, d’altra parte, sono già in possesso della Amministrazione, determinando così un irragionevole carico in capo al privato.
La sentenza, confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato (sent. Sez. V n. 1305/2008) riprende i principi formulati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 315/2003 che, decidendo sulla legittimità di una legge della Regione Campania che aveva istituito il registro dei fabbricati, ne dichiarava l’illegittimità costituzionale avendo rilevato che il pesante onere imposto ai proprietari non trovava rispondenza nella attuazione di un interesse pubblico di pari rilievo. E che, d’altra parte, era pacifico che la maggior parte dei dati richiesti fosse già in possesso della Amministrazione.
La previsione é particolarmente onerosa se applicata agli edifici esistenti oggetto di ristrutturazione edilizia e ampliamento dal momento che i dati richiesti, nella gran parte delle ipotesi, sono riferibili a tempi lontani e a immobili che potrebbero avere subito diversi passaggi di proprietà.
In particolare enormi difficoltà, si potrebbe dire addirittura impossibilità, si presenterebbe per il reperimento della documentazione relativa alla struttura quale copie di denunce dei cementi armati o delle strutture e collaudo statico.
Va inoltre segnalata la decisione presa dal Governo nella riunione del 10 luglio u.s. di impugnare avanti la Corte Costituzionale la legge della Regione Puglia n. 27 del 20 maggio 2014 che istituisce l’obbligo della tenuta di un registro per ogni fabbricato di nuova c ostruzione.
E’ pacifica, a questo punto, la valutazione di illegittimità di tale imposizione, valutazione che proviene sia da parte politica che da parte giurisdizionale.


Art. 111 commi 6 e 7

L’obbligo di consentire il parcheggio delle biciclette nei cortili é l’espressione di una acquisizione, in capo alla Amministrazione, di un potere di disponibilità della proprietà privata che non trova rispondenza in alcuna norma di legge, in forza, addirittura, di una norma regolamentare.
E se per quanto riguarda le nuove costruzioni la prescrizione é stata formulata con delle limitazioni, per gli edifici esistenti é invece assolutamente libera e indeterminata. Si stabilisce, infatti, che nei cortili degli edifici esistenti deve essere consentito il parcheggio delle biciclette di chi abita o lavora negli edifici “da esso accessibili” vale a dire che chiunque, proprietario o occupante, a qualsiasi titolo, delle varie unità immobiliari o chiunque presti la propria attività lavorativa in tali unità immobiliari (quindi anche dipendenti o collaboratori di uffici, imprese o quant’altro) potrà pretendere di parcheggiare la propria bicicletta nei cortili.
Non può essere messo in dubbio che qui l’Amministrazione si sostituisca alla volontà del soggetto privato nella gestione del rapporto con altri soggetti privati istituendo l’obbligo di tollerare che un numero indeterminato e indeterminabile di persone, ma, quel che é peggio, un numero incontrollabile di soggetti possa pretendere di entrare nei cortili ovviamente possedendo le chiavi che ne consentano l’accesso senza che i proprietari siano in grado, sostanzialmente, di controllare, e non c‘è dubbio in proposito, il titolo in forza del quale il singolo soggetto pretenda di accedere.
Nessuna norma di legge che si arrogasse il potere di mettere in pericolo la sicurezza di una proprietà privata potrebbe considerarsi legittima, tanto meno una norma regolamentare.
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