_news #258
07 Luglio 2010
Federimmobiliare Prima Assemblea in videoconferenza Milano-Roma. – Relazione del Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici invitato all’Assemblea. Intervento sul tema “La locazione in Italia”
La locazione immobiliare ha nel nostro ordinamento una rilevanza fondamentale, sotto il profilo sia sociale, sia economico, con una indubitabile valenza anticiclica in questo momento di crisi.

Esaminerei anzitutto il comparto della locazione abitativa.
Procedendo per semplici enunciazioni possiamo dire che sussistono almeno 7 buone ragioni perché si debba ritenere che in Italia occorra incrementare il numero degli alloggi offerti in locazione.

1) Anzitutto, primo effetto positivo sarebbe quello di un calmieramento dei prezzi; non solo nel settore della locazione, ma anche in quello della compravendita, perché anche in questo campo la domanda viene alleggerita di una pressione impropria.
Disporre di una minor offerta abitativa in locazione (per via del fenomeno di mercato conseguente alla rarefazione dell’offerta) significa tener alto il livello dei prezzi del prodotto. E viceversa.

2) Secondo effetto positivo: una maggior disponibilità di alloggi per coloro che non riescono o non intendono, per vari motivi, acquistarli.

Troveranno casa a prezzi contenuti anche anziani, giovani coppie, pensionati; tutti coloro che rientrano nell’area del disagio abitativo.

3) Altro benefico effetto sarebbe una maggiore flessibilità del rapporto cittadino/abitazione (cioè una maggior mobilità abitativa); che meglio permetterebbe di secondare i processi di trasformazione socio-economica in atto a livello, non solo nazionale, ma globale.

Il radicamento degli italiani alla casa di proprietà e la marginalizzazione della residenza, con il conseguente fenomeno del pendolarismo, continuano a rappresentare un serio ostacolo ai processi di ristrutturazione e di riconversione economico-sociali, così necessari alla competitività internazionale del nostro Paese.

4) Sul piano economico. L’ovvio effetto di mobilitare nell’edilizia in locazione investimenti di risorse finanziarie, alla ricerca di collocazioni economicamente interessanti; risorse finanziarie che si trovano in possesso non solo delle famiglie (persone fisiche), ma anche delle persone giuridiche (società di gestione immobiliare, fondi di investimento, enti).

E dunque, sotto tale profilo, l’effetto positivo dell’incremento dell’investimento negli immobili in locazione abitativa sarebbe rappresentato da un aumento del PIL, e da maggiori introiti fiscali connessi all’attività edilizia ( Irpef-Ires-Iva).

5) Quinta buona ragione. In generale si registra un maggior dinamismo del rapporto conduttore/immobile rispetto al rapporto proprietario/immobile (senz’altro più statico: anzi improntato ad uno spiccato immobilismo;non parliamo del condominio che, fra tutti, è il soggetto meno reattivo di fronte alle esigenze di rinnovamento edilizio ed urbano).
La locazione in effetti dà luogo ad un sostanziale incremento degli interventi di manutenzione e di riqualificazione del patrimonio edilizio: con evidenti ricadute vantaggiose a favore di costruttori, professionisti, impiantisti, ed installatori. Il che non guasta in questo periodo di crisi.

Infatti, il “turn over” delle case in locazione implica un costante adeguamento del patrimonio edilizio.

Insomma, rispetto alla situazione della casa in proprietà, quando la locazione sia economicamente valida ( altrimenti si fa luogo al degrado, come avveniva con l’equo canone) la manutenzione degli immobili e la loro riqualificazione sul piano edilizio/urbanistico ne traggono indubbio beneficio.

Oggi si pone il problema della riqualificazione degli edifici sul piano energetico: settore nel quale i locatori, ed in particolare le società immobiliari, possono giocare un ruolo veramente importante.

Purtroppo una legislazione fiscale miope continua a penalizzare, proprio in questo campo, particolarmente le società di gestione immobiliare soprattutto se locano alloggi; quelle società che sono in definitiva i soggetti dotati di maggiori disponibilità, anche finanziarie, per interventi di tal genere.

6) Dulcis in fundo, se vogliamo guardare con l’ottica del Governo che deve fare cassa: introitare più imposte, non solo in termini di imposta di registro, ma anche come ICI, IRPEF ed IRES, perché la locazione sposta l’immobile dal regime di esenzione al regime di tassazione.

Consideriamo che Irpef ed Ires danno luogo ad un gettito che è di 7 miliardi e mezzo, poco meno di quello dell’ICI.

E non dimentichiamo che, a furia di costringere, con difficoltà di mercato e con privilegi fiscali, gli italiani a comprar casa, riconoscendo poi agli stessi per l’abitazione principale in proprietà una esenzione generalizzata da tutte le imposte, a pagar l’ICI e le imposte dirette fra poco, nel settore il residenziale, rimarrà una esigua minoranza.

7) Non discriminare poi, sul piano delle agevolazioni tributarie, tra locazione convenzionata e locazione libera permette di perseguire una efficace politica di riqualificazione estetico-edilizia delle città.

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Fatte queste premesse, non vorrei sembrare stucchevole in questa affermazione; ma mi sento di ribadire ciò di cui in fondo siamo tutti convinti : che occorre la cedolare secca per tutti i redditi derivanti dalla locazione immobiliare.

Prevederla solo per i contratti agevolati a canoni concordati, come si riduce a fare qualche emendamento alla manovra finanziaria in itinere, o come si pensa da parte di alcuni, significa portare avanti una operazione di pura facciata.

Cosi concepita, infatti, questa misura:

- Non incide significativamente sulla nostra economia e sul PIL, come provvedimento anticiclico di una qualche rilevanza.

- Non produce effetti di rilievo a livello di calmieramento degli affitti;

- Non produce un sostanziale recupero di evasione nel settore delle locazioni;

- Persegue la linea larvata di dirigismo economico che era propria dell’equo canone: dirigismo che già aveva prodotto nefasti risultati sul piano sociale, urbanistico ed economico;

- Non permettendo la trasparenza, favorisce le sacche di privilegio che si annidano in quel comparto.

La cedolare secca (ad esempio nella misura del 20 % dei corrispettivi imponibili ) serve eccome; ma va applicata a tutte le locazioni indistintamente.

Assoedilizia, al fine di eliminare l’evasione fiscale, ha suggerito addirittura di istituire legislativamente l’obbligo di pagamento dei canoni di locazione in banca o presso gli sportelli postali, nei paesi in cui manchino agenzie bancarie.

L’introduzione della cedolare secca nella forma della ritenuta a titolo di imposta permetterebbe nel medesimo tempo di ridurre gli oneri fiscali gravanti sulla locazione, con forte valenza di incentivazione del settore e, quale tassazione separata dei redditi immobiliari, di realizzare una vera equità fiscale perché:

- da un lato equiparerebbe i redditi immobiliare a quelli mobiliari (azioni, bond, gestioni patrimoniali), dando slancio agli investimenti in locazione, soprattutto abitativa, della quale il nostro Paese ha impellente bisogno.

- in secondo luogo eliminerebbe quella odiosa discriminazione per la quale chi affitta una casa finisce per pagare maggiori imposte anche sui redditi derivanti dal proprio lavoro, autonomo o dipendente che sia.

Va aggiunto che il sistema della ritenuta a titolo di imposta avrebbe come conseguenza una razionalizzazione ed un notevole risparmio per l’erario in termini di gestione degli uffici, perché si stima che potrebbero eliminarsi centinaia di migliaia di denunce dei redditi.

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Venendo alle locazioni ad uso diverso dall’abitativo, un po’ ovunque, a livello nazionale, si registra una crescente difficoltà a locare immobili, sia ad uso commerciale, sia ad uso uffici e/o terziario amministrativo.

Non solo, ma autorevoli organi di stampa hanno denunciato la chiusura di numerosissimi negozi, mentre, si dice, l’apertura di nuove attività diventa sempre più rara.

La colpa di tale situazione è attribuita anche al livello dei canoni di locazione troppo elevato.

Occorre dunque esaminare quali sono i fattori che potenzialmente incidono sulla misura dei canoni richiesti in sede di negoziazione per il rinnovo o la nuova locazione:

- La durata del rapporto contrattuale di 12 anni che impedisce l’aderenza del canone all’andamento dei cicli economici.

- L’indennità per avviamento commerciale nella misura di 18 mensilità del canone vigente, cioè del 25% dei canoni percepiti negli ultimi 6 anni; indennità dovuta dal locatore in caso di mancato rinnovo.
Una indennità, così elevata, tende a “scaricarsi” sul canoni contrattuali.

- Non va trascurato il fatto che, in caso di subentro ad un precedente esercente, il commerciante paga a quest’ultimo delle buonuscite assai consistenti, che, se spalmate in un arco di tempo, costituiscono un vero doppione dell’affitto.

Non potendosi, peraltro, immaginare una normativa legata a cicli economici, con regole diverse ed opposte a seconda dell’andamento dell’economia, occorre dunque pensare ad una maggiore flessibilità del rapporto locatore/conduttore prevedendo o una durata inferiore dei contratti, o la facoltà di modificazione o di aggiornamento dei canoni ad esempio ogni 3-4 anni.

- Andrebbe anche qui, e lo ripeto ad abundantiam, introdotta la cedolare secca sui redditi da locazione ad uso diverso dall’abitativo, in modo tale che, alleggerendo la pressione tributaria sull’immobile, si diminuisca il peso fiscale che si scarica sui canoni di locazione dei negozi e degli altri immobili commerciali.

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Vorrei concludere toccando brevemente il tema del federalismo fiscale; considerando che la “service tax”, per come sembra configurarsi nella mente del nostro Governo, significherebbe il colpo di grazia alla locazione.

Infatti essa riproponendo lo schema concettuale dell’ICI, ne proietta in prospettiva gli effetti distorcenti.

Distinguere infatti, all’interno del settore immobiliare, tra edifici soggetti all’imposta (immobili locati e commerciali) ed edifici esentati dalla stessa (immobili non locati ed utilizzati come abitazione principale), potrebbe andar bene semmai finché si tratti di imposta di natura patrimoniale, quale è ormai diventata l’ICI.

Non va più bene quando questa imposta viene finalizzata al pagamento dei servizi comunali fruiti dagli utenti.

Cosa facciamo? Facciamo pagare i servizi comunali solo a tre cittadini su dieci?

O addirittura, come avverrebbe in alcuni comuni, solo ai villeggianti ed ai commercianti, ai professionisti ed agli artigiani ?

E nei paesi della provincia italiana, dove non ci sono nemmeno i villeggianti con le loro seconde case, chi paga?

Senza dire delle distorsioni legate alle sperequazioni dei valori catastali.

E tutto questo, perché si deve tener ferma la logica dell’ICI ?

Risponde viceversa ad equità che i servizi comunali siano pagati da tutti coloro che effettivamente li consumano, indipendentemente dal possesso di un immobile, sia esso prima o seconda casa; o dal fatto che abbiano la residenza in città diversa.

Mentre, legare il finanziamento dei servizi comunali agli immobili, riproponendo il meccanismo distorcente dell’ICI, è del tutto errato ed iniquo.

Occorre dunque impostare diversamente il finanziamento dei bilanci e dei servizi comunali.

Noi, per la verità, un’ idea ce l’abbiamo e l’abbiamo proposta; ma questo è un altro capitolo.
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